Un cervello stanco può avere un impatto sulla performance sportiva alla pari di un muscolo portato all’esaurimento energetico.
Questo è ciò che ha dimostrato Samuele Marcora, ricercatore italiano dell’Università di Bologna, nei suoi studi sulla fatica, la percezione di sforzo e la prestazione sportiva.
Specialmente negli sport di endurance, lo sportivo si trova costantemente a confrontarsi con la fatica, definibile come "un deterioramento della performance dovuto sia a un incremento dello sforzo necessario per sprigionare una certa forza ed energia per proseguire l’azione motoria sia all’impossibilità di produrre tale forza con conseguente interruzione dell’azione stessa" (Enoka & Stuart, 1992).
Marcora ha rilevato come, nel momento in cui un atleta arriva a percepire di "essere al limite", il sistema muscolare in realtà ha ancora una riserva di energia che consentirebbe all’atleta di proseguire l’azione motoria ancora per diversi minuti al massimo consumo di ossigeno.
Sembrerebbe quindi sfatato il mito del limite a livello bioenergetico, sottolineando il ruolo che diversi fattori psicologici hanno nella capacità di proseguire un’attività nonostante la fatica e lo sforzo intenso.
Detto ciò, pur non essendo la fatica muscolare il fattore limitante la prestazione di endurance, essa ha comunque un impatto negativo. Con i muscoli affaticati la percezione di sforzo è maggiore ecco perché l’allenamento fisico è comunque un fattore imprescindibile!
I principali fattori psicologici che hanno un’influenza sulla percezione di sforzo sono: la fatica mentale, la motivazione e l'autoefficacia.
LA FATICA MENTALE
“La fatica mentale rappresenta uno stato psicobiologico causato da prolungati periodi di attività cognitiva, caratterizzato da una sensazione di stanchezza e mancanza di energia” (Van Cutsen et al. 2017).
La fatica mentale riduce in modo significativo la capacità di un atleta di stare sullo sforzo e risulta essere influenzata da:
quantità e qualità del sonno;
stress da viaggio;
intensa attività cognitiva prima di una prestazione;
stress di tipo emotivo;
stress di tipo cognitivo (es. eccessiva tensione, preoccupazione, periodo intenso di impegni, impegni mediatici, etc.);
aspetti contestuali: pressione e attese da parte di allenatore, compagni, pubblico, mass media,...
LA MOTIVAZIONE
La motivazione viene intesa come il massimo sforzo che un atleta decide di mettere per avere successo in un compito.
Gli studi dimostrano che non sembrerebbe tanto una questione di qualità motivazionale ma quanto di quantità: in condizioni di poca motivazione un atleta decide di terminare la propria prestazione se lo sforzo percepito eccede quello atteso; in condizioni di alta motivazione invece un atleta riesce a stare maggiormente sulla fatica fino al punto in cui diventa impossibile da tollerare.
L'AUTOEFFICACIA
La convinzione di avere la preparazione e la capacità di poter stare su un certo sforzo quale via per raggiungere i propri obiettivi è un’altra variabile psicologica importante nella gestione della fatica.
L'aspetto mentale ha un ruolo determinante nella percezione di sforzo ed è in grado di influenzare positivamente e negativamente la performance sportiva. La componente mentale può essere allenata, scrivimi qui se vuoi saperne di più!
Fonti bibliografiche - Pubblicazioni Samuele Marcora: https://www.unibo.it/sitoweb/samuele.marcora/pubblicazioni
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